Bentornati ai vostri posti di lavoro, ai problemi da risolvere in ufficio, alle lavatrici con costumi e parei che per un po’ riposeranno nei cassetti e alle preoccupazioni per gli sbalzi climatici di questa stagione strana che passa dal caldo torrido alle bufere invernali in 24 ore. Insomma si ricomincia, in questo settembre che dovrebbe essere un mese dolce di ricordi estivi e che invece ti riporta subito coi piedi per terra, l’ombrello nella borsa e il cervello vigile per affrontare gli imprevisti che immediatamente arrivano alla tua scrivania. E le vacanze sembrano già lontanissime…

È successo così anche per noi di Crida che, tornate al lavoro dopo essere state al mare (entrambe io e Daniela in Sardegna ma senza mai vederci ahahah), ci siamo rese conto di essere diventate grandi, visto che siamo state illegalmente copiate. Uno sconosciuto brand di moda low cost dal nome simile al nostro ha pensato di utilizzare le nostre immagini per vendere online i suoi abiti di tutt’altra qualità e prezzo. Volevamo ringraziare tutte le persone che ci hanno segnalato questa azione gravemente lesiva, già perseguita legalmente dai nostri avvocati. Purtroppo il mondo dei social appare ancora come un far west dove esistono leggi ma anche molte, troppe, scorciatoie per aggirare le truffe senza pagare il conto. Ma perché è successa a noi una cosa del genere?

Perché Crida è un simbolo sempre più preciso di un certo tipo di eleganza raffinata, italiana e senza tempo. A distanza di tre anni ha consolidato la sua immagine di quiet luxury, lusso possibile ma non sfacciato (quello raccontato dal nostro bellissimo video di presentazione della collezione invernale che trovate sul sito) che rappresenta una tendenza sempre più diffusa. Ma soprattutto Crida vuol dire abiti, un prodotto molto ricercato dal mercato perché difficile da trovare, e da fare bene. Crida ormai non è più solo un brand ma un modo di essere per una ben precisa tipologia di donna che vuole essere femminile ma pratica, glamour ma non appariscente e soprattutto vuole comprare consapevolmente una moda sostenibile. Questo spiega l’interesse di altre realtà dello sconfinato mondo del fashion verso la nostra immagine che però è molto complicata da copiare, perché la qualità dei nostri tessuti e la professionalità delle manifatture italiane che li confezionano, difficilmente si trova nei prodotti della moda low cost che per lo più produce nei paesi del terzo mondo, sottopagando la manodopera locale e contribuendo ad aggravare il problema della merce invenduta che prolifera nelle discariche di abiti cui vi ho parlato non molto tempo fa (vedi “Junk, armadi pieni”. Se non lo avete ancora guardato andate subito a farlo!).

Insomma diffidate delle imitazioni, dei prezzi troppo bassi e delle pubblicità con i nomi dei brand simili ad altri. Meglio comprare meno ma con attenzione, aiutare il mercato italiano e scegliere abiti che vi dureranno nel tempo.

La nuova collezione autunno-inverno di Crida è più che mai orientata verso questa tendenza forte del mondo fashion, fatta di stile ma anche di responsabilità e consapevolezza verso il pianeta. Ed è bellissima. Siete curiose? Allora andate a vedere il nostro sito dove troverete i veri Crida, tanti abiti da giorno e da sera facili da indossare e difficili da dimenticare.

È il momento di scegliere il vostro Crida per la nuova stagione e, se volete qualche ispirazione, seguiteci nelle nostre trasferte di settembre: io e Daniela saremo come sempre alla Mostra del Cinema di Venezia e poi qualche giorno a New York. Perché la moda, specchio della società, non si ferma mai e noi di Crida nemmeno!

Cristina

Crida Milano | Editoriale Luglio

Care amiche e cari amici che ci seguite da tempo, ormai saprete che l’editoriale di luglio è dedicato soprattutto ai saluti e alle prossime vacanze. Avete già fatto le valigie per il mare? O prenotato qualche bel viaggio per godervi un po’ di meritato riposo? Immagino che avrete messo nel trolley un abito colorato e leggero di Crida per questa estate che si preannuncia bollente… Noi non siamo ancora pronte a staccare perché i mesi di luglio e agosto sono particolarmente impegnativi per la produzione della prossima stagione invernale che deve essere spedita ai negozi e per la creazione della nuova collezione Spring-Summer 24 che deve essere finita e fotografata per poter essere pronta alla campagna vendita di settembre-ottobre. Quindi io e Daniela abbiamo corso come matte, come sempre, per rispettare tutte le scadenze (fare moda è una lotta continua contro il tempo, ve lo garantisco) e tutt’ora siamo ancora impegnate a fare in modo che al ritorno dall’estate possiate trovare sul nostro on line e nei negozi i capi autunno inverno di Crida.

Molte di voi ci chiedono anticipazioni e trunk show per poter preordinare fin da ora, in anticipo, gli abiti della nuova collezione. Anche questo è un obiettivo che ci siamo date e che vogliamo realizzare: potete chiedere al nostro contatto social (telefono o mail) le foto e i prezzi della nuova collezione Madama e assicurarvi l’acquisto del modello che avete scelto e che riceverete a casa al ritorno dalle vacanze.

Nel frattempo continuiamo a lavorare, io e Daniela sempre in macchina, il nostro ufficio viaggiante, per raggiungere le manifatture, per le riunioni nello showroom di Milano, per meeting coi collaboratori e, ogni tanto, per partecipare agli eventi che tra Bergamo e Milano riempiono le serate estive di magnifiche occasioni e che ci permettono di indossare i nostri abiti freschi e leggeri, perfetti per ogni situazione. E lasciatemi dire che sono davvero felice di tutti i complimenti che riceviamo io e Daniela quando siamo in giro soprattutto da parte di donne che ci seguono e apprezzano il nostro stile.

È anche vero che, osservando la gente per le strade, mi capita di vedere sempre più spesso ragazze e signore praticamente svestite, con shorts o gonne cortissime e poco altro sopra. È vero fa caldo, ma le temperature alte non giustificano a mio parere la mancanza di eleganza e di buon gusto. Come giustamente hanno fatto notare sul Corriere della Sera due firme della moda autorevoli, anche se con storie professionali e anagrafiche diverse (parlo dell’immensa Lina Sotis e della bravissima Michela Proietti): c’è un’età e un luogo adatto ad ogni abbigliamento. Gli hot pants inguinali, le pance scoperte e le infradito lasciamole alle spiagge o alle località di mare che frequenteremo questa estate: in città una donna elegante indossa un abito, magari sbracciato e di tessuto leggerissimo, una gonna di cotone e dei sandali comodi, non il copricostume! E se ancora non avete nell’armadio un capo che vi renda femminili e raffinate e nello stesso tempo sia fresco e facile da indossare continuate a seguirci sui social perché a fine luglio per chi ama gli acquisti last minute ci sarà una bella sorpresa che riguarda gli abiti della collezione estiva… ma solo per i nostri follower, per chi riceve le notizie attraverso la newsletter e gli editoriali.

Buone vacanze, buona vita e buon riposo a tutte. Ci risentiamo a settembre con mille sorprese.

Cristina e Daniela

Crida Milano | Editoriale Giugno

Angelina Jolie è l’ultima in ordine di tempo fra le celebrities ad avventurarsi nel mondo della moda ma, a differenza di molte altre colleghe e colleghi famosi, lo fa a modo suo tenendo un profilo decisamente basso e per questo ancor più interessante. Lungi da lei l’idea di produrre indumenti da distribuire nei centri commerciali o di inseguire le ultime tendenze del fashion, l’attrice, da sempre paladina dei diritti umani e delle politiche ambientaliste, chiarisce subito di voler usare solo materiale vintage e tessuto deadstock per le sue creazioni e anche di voler puntare non sui loghi e sull’immagine del brand ma sulla valorizzazione di produttori, fasonisti e sarti, quindi sulla manodopera meno conosciuta di questo settore. Mi ha incuriosito questa novità che riguarda un’attrice da sempre molto controcorrente e super impegnata nel sociale. Di solito le grandi star, dalle Kardashian a Sara Jessika Parker a Jennifer Lopez per citare solo le tre più note, hanno creato con il loro nome veri e propri imperi di fast fashion, di cui forse non si sentiva la necessità, con una massiccia distribuzione in grandi magazzini e store di lusso: prezzi altissimi, materiali non proprio sostenibili, unico valore il nome del brand.

L’Atelier Jolie, così si chiama la nuova avventura imprenditoriale di Angelina, sembra orientato verso obiettivi diametralmente opposti, tanto da definire la sua nuova impresa un collettivo.

I designer, dice la Jolie, spesso disegnano o approvano disegni, ma sono i sarti quelli che fanno la differenza, anche se purtroppo sono proprio quelli che vengono meno valorizzati e apprezzati. Il suo Atelier invece deve essere un luogo in cui le persone creative possono collaborare con una famiglia esperta e diversificata di sarti, modellisti e artigiani di tutto il mondo. Sono molto curiosa di vedere che tipo di prodotto verrà realizzato: se somiglierà allo stile dell’attrice molto low profile, basico e materico nella scelta dei suoi outfit e sempre estremamente speciale, ma fin d’ora mi sento di apprezzare la scelta di mettere al centro la manodopera e l’artigianato in chiave sostenibile e inclusiva più che i maxi loghi e le campagne sugli schermi di Time Square.

A questo proposito mi ha colpito un’intervista a Brunello Cucinelli nella quale l’imprenditore e creatore di una vera e propria azienda famiglia in Toscana, sottolineava il problema che i fasonisti italiani, fondamentali e sempre più rari, facciano fatica a guadagnare abbastanza da convincere i figli a continuare questa professione. Le aziende manifatturiere, che producono in serie migliaia di capi guadagnano, ma i fasonisti, coloro che sono in grado di confezionare un capo d’abbigliamento attraverso un modello di riferimento (dato dal designer), quindi i sarti di una volta, non sono così ben retribuiti. Oggi il mercato della moda ricerca sempre più in Italia figure di questo livello, acquistando le aziende stesse e inglobandole in quelle dei grandi brand, con la conseguenza di fare sparire questa figura professionale artigianale che prima si tramandava da padre in figlio.

Noi di Crida, anche se per altre strade, inseguiamo come Angelina Jolie una moda sostenibile e rispettosa di persone e ambiente e facciamo fatica a trovare fasonisti alla nostra portata proprio perché non abbiamo ancora i numeri dei mega brand ma non possiamo nemmeno produrre migliaia di abiti in una sartoria. Eppure le piccole medie aziende rappresentano il tessuto produttivo più importante che sostiene l’economia italiana e come tale dovrebbe essere maggiormente aiutato e tutelato dal governo. L’artigianato italiano nel settore moda rappresenta un’eccellenza straordinaria: sarebbe bello che continuasse a vivere autonomamente e non si dovesse svendere ai grandi gruppi mangiatutto del lusso globale.

Se siete, come penso, appassionate di moda e se siete, come spero, persone consapevoli e interessate, guardate la serie Junk – Armadi pieni. Troverete probabilmente qualcosa che fotografa i vostri comportamenti e che sicuramente tocca le vostre coscienze.

Compriamo tutti troppo: si chiama oniomania la sindrome figlia di questi tempi che spinge all’acquisto sfrenato e impulsivo creando una vera e propria emergenza all’ecosistema mondiale. Ovviamente il problema non parte da qui, è a monte nell’industria del settore, ma anche le scelte individuali possono fare la differenza. E Junk lo spiega molto bene.

Partiamo da questo dato: nonostante si compri troppo e male oggi l’industria del fashion produce ancora di più. Pensate che solo un terzo dell’abbigliamento che arriva nei negozi viene acquistato e quel che resta di capi e accessori invenduti continua ogni anno ad alimentare le mega discariche di abiti.

Ma prima di arrivarci nelle discariche molto spesso questa merce compie viaggi immensi intorno al globo come ha chiarito un’inchiesta interessantissima dell’Internazionale che ha indagato sui resi di Zalando (anche 480 ordini al minuto, metà dei quali viene rimandata indietro). Tracciando con micro GPS dieci capi comprati online e restituiti, ha potuto verificare che nel giro di due mesi questi vestiti hanno percorso quasi 30.000 km tra Svezia, Danimarca, Germania, Polonia e poi di nuovo Svezia prima di arrivare in un centro di stoccaggio dove dovrebbero essere distrutti, ma nessuno lo conferma. E parliamo di uno dei giganti dell’industria dell’abbigliamento che dice di voler essere sostenibile. Il settore moda online, anche a causa dei resi, emette più anidride carbonica di tutti gli aerei e di tutte le navi del mondo messe insieme.

Ma torniamo alle discariche.

La docuserie Junk prodotta da Will Media e Sky Italia e realizzata da Olmo Parenti (giovane e bravissimo video maker già autore di film di denuncia come “One day one day”) mostra le immagini che non abbiamo mai visto di vere e proprie montagne di vestiti grandi come una città, e racconta la storia di persone ed ecosistemi che subiscono direttamente l’impatto negativo del fast fashion: dal Ghana al Cile, Indonesia, Bangladesh, India e Italia.

Pensate che solo in Europa vengano scartati 5,8 milioni di tonnellate di vestiti ogni anno (11kg di scarti di vestiti a persona!). In Ghana ogni settimana arrivano 15 milioni di vestiti. Finiscono sulle spiagge nelle città e, come dice a “Io Donna” Matteo Ward (conduttore e coautore della serie), questi nostri scarti diventano i nuovi colonizzatori dei paesi poveri. Se a ciò si aggiunge lo sterminio di 300 milioni di alberi in Indonesia per fare spazio alle coltivazioni di rayon (che ricordiamolo è una fibra naturale perché ricavata dalla corteccia ma si ottiene con un processo chimico e con coltivazioni intensive) a scapito delle comunitè di nativi della giunga e del loro ecosistema, si capisce facilmente che quello della esagerata produzione del fast fashion è un problema colossale e che non si è ancora sufficientemente informati sui danni che sta provocando all’ambiente. Ciò che sappiamo è che il 10% delle emissioni di carbonio e il 20% dell’inquinamento oceanico deriva dal settore moda e, altro dato impressionante, su 75 milioni di lavoratori meno del 2% vanta un salario degno di sopravvivenza. Se fino a qualche decennio fa conoscevamo quasi sempre chi tagliava e cuciva i nostri vestiti oggi è impossibile per il consumatore risalire alla filiera produttiva fatta di un circolo assai poco virtuoso di infiniti subappalti, soprattutto nei paesi più poveri.

L’attenzione a questo problema da parte dei grandi gruppi, va detto, è sempre più alta. Oggi non si può nella moda fare comunicazione senza raccontare di essere ecofriendly ma a sentire gli esperti di questo settore in realtà nessun marchio riesce a essere totalmente sostenibile. Ci sono vari modi di esserlo ma certo per i brand più giovani il processo da seguire è molto più costoso. Lo sappiamo bene noi di Crida che fin dall’inizio abbiamo deciso di creare i nostri abiti solo con tessuti naturali e senza fibre di poliestere, anche se questi tessuti costano molto di più. Ancora di più se si tratta di sete e cotoni italiani: quelli che acquistiamo noi e che non arrivano dall’Asia evitando così di far viaggiare le merci e riducendo l’inquinamento. Grazie all’attivismo di organizzazioni importanti come Fashion Revolution Italia e alle richieste di molte ONG, l’Unione Europea è finalmente intervenuta per regolare la legislazione sul tessile con una legge che entro due anni renderà obbligatorio l’eco design che obbligherà le aziende a usare solo materiali riciclabili e a essere responsabili dei prodotti che creano in eccesso, destinando questa massa incredibile di capi al riciclo e allo smaltimento. Ma ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte.

Comprare meno e comprare meglio è un mantra che io e Daniela ripetiamo dalla nascita di Crida. Ora aggiungiamo: produciamo meno e produciamo meglio. Solo se ci sarà un cambiamento radicale nell’etica del business delle grandi aziende e nell’acquisto più consapevole della gente si potrà porre rimedio ai disastri ecologici e ambientali che alcune aree del mondo stanno subendo. Nessuno può far finta di non sapere e ognuno può agire meglio. Quello che mi è piaciuto di Junk è il fatto che sia un progetto nato per generare consapevolezza su una emergenza mondiale forse ancora poco nota, ma anche volto a farci capire che il cambiamento è ancora possibile e che in questa partita per salvare il pianeta tutti abbiamo un ruolo da giocare.

Aprile è uno dei mesi che preferisco. Si sente un profumo diverso nell’aria, forse perché è ufficialmente primavera, il cielo è molto più azzurro, spesso c’è il vento che scompiglia i capelli e ci fa alzare il bavero della giacca per riscaldarci ma nonostante ciò la sensazione eccitante è che l’inverno (quel poco di inverno che c’è stato) sia passato e che stia iniziando il periodo più bello dell’anno, quello del risveglio e delle promesse. Aprile è quel mese in cui si fanno progetti, si organizza la Pasqua, a casa o fuori (è comunque sempre una festa), si guardano sul calendario i possibili ponti che ci fanno sognare un weekend lungo, e quest’anno siamo messi benissimo! Poi magari non si va da nessuna parte, ma va bene così… ci si riposa, si mettono a posto gli armadi perché mai come in questo periodo dell’anno si sente la voglia di indossare qualcosa di nuovo e speciale. Aprile infatti è il mese in cui arrivano gli inviti per i matrimoni, in cui si preparano le comunioni e le cresime, in cui (non so bene per quale strano motivo) ci sono tantissimi compleanni e quindi molte più occasioni per festeggiare… insomma è il mese giusto per regalarsi qualcosa che ci renda felici. Perché, diciamolo, l’acquisto di un vestito, di una borsa o di un paio di scarpe ha anche questa frivola ma sacrosanta funzione!

Io e Daniela durante le settimane del pop-up di Crida in Rinascente Milano abbiamo incontrato tantissime amiche che in previsione di un evento volevano scegliere l’outfit perfetto e ci siamo molto divertite a raccontare la nuova collezione estiva e a consigliare i pezzi ideali per ogni occasione. Ci sono gli abitini a pois stile Julia Roberts in Pretty Woman che rendono easy chic qualsiasi invitata ad una cerimonia. I Beatrice d’Este, in rosa cipria o grigio perla, con i veli di georgette sulla schiena sono stati scelti da mamme della sposa o dello sposo, che avranno spalle e braccia coperte in chiesa e saranno favolose al ricevimento, così come i Bellaria in satin luminoso azzurro che sembrano fatti apposta per la protagonista di un diciottesimo o per la damigella della sposa. Nessuno di questi abiti vi impedirà di godervi la festa. Ormai sapete che la nostra sfida è creare vestiti eleganti che si indossino facilmente per tutto il giorno: quindi sì ai colori accesi delle nostre sete italiane, sì ai piccoli elastici che non stringono la vita e alle maniche morbide dai polsi perfetti. Se quello che cercate è un look per un evento in campagna il Santarcangelo in chiffon con la sua fantasia pizzo in due varianti di colore stupende è la scelta più giusta: leggerissimo ma di grande effetto cromatico. E poi l’abito Cento in seta arancio o gialla, dalla linea sottile, abbottonato davanti, sempre con le tasche che rendono ancora più comode le nostre creazioni. Se invece volete stupire con un tocco di sex appeal ci sono gli abiti lunghi San Marino, con un sensuale e morbido incrocio di seta sul corpino e la schiena nuda. 

Per noi di Crida aprile è un mese ricco di impegni importanti che ci porteranno i giro per l’Italia con i nostri abiti: siamo felici e onorate di essere a Torino, alla Fondazione d’arte Sandretto Re Rebaudengo, per presentare la prossima collezione invernale che sarà dedicata proprio al Piemonte e poi non dimentichiamoci che dal 18 al 23 di questo mese torna il Salone del Mobile a Milano, che diventa di nuovo la capitale del design e del fashion e infine tra maggio e giugno andremo in Toscana e a Roma. Vi terremo aggiornate con le nostre newsletter (se non siete ancora iscritte fatelo subito!) e speriamo di incontrarvi per condividere con voi la passione per gli abiti belli e fatti bene. È aprile: il momento migliore per regalarsi un Crida.

“LO VOGLIO!”. 

L’opera realizzata da Pietro Terzini per Crida è un’affermazione potente, felice, piena di amore e di passione. Un manifesto di forza e di determinazione come quella che dovrebbe guidare sempre ognuno di noi nel proprio percorso, non sempre facile, professionale e di vita. Bisogna volerle le cose per riuscire a conquistarle, bisogna metterci tutto l’impegno possibile, magari anche un pizzico di incoscienza e di follia, ma solo così si ottengono i risultati, solo cosi la meta che ci sembrava lontana può diventare raggiungibile. 

Abbiamo pensato a lungo io e Daniela quale poteva essere la frase più adatta alla nostra storia, al nostro brand, al percorso che stiamo facendo ormai da tre anni nella moda, e dopo aver vagliato tutte le varianti possibili, tutti i calembour più improbabili, abbiamo scelto la parola più semplice e diretta. Lo voglio. 

Sia perché è la nostra ostinata voglia di farcela che ci ha permesso di superare il periodo difficile nel quale abbiamo iniziato il nostro cammino imprenditoriale, visto che Crida è nata nel febbraio 2020, sia perché “lo voglio” è la promessa di amore più profonda e, si spera, eterna che ci scambiamo nel momento più importante della nostra vita. Ci piace pensare che un desiderio così forte possa durare a lungo esattamente come nella nostra idea gli abiti Crida devono durare a lungo nell’armadio, essere usati e riusati e non devono stancare mai. 

Pietro Terzini ha fatto magnificamente il resto: un led luminoso, rosso ovviamente, come il logo del nostro brand e un punto esclamativo che sottolinea la forza di questa intenzione. E così, nella galleria di Glauco Cavaciuti che esponeva tutte le opere della sua mostra Shopper dedicata alla moda, anche Crida si è presa il suo spazio, e ha fatto parlare di se’ con gli abiti della collezione Fall-Winter che abbiamo presentato alla stampa in questa location d’eccezione. 

L’autunno-inverno di Crida sarà un elegantissimo viaggio nel Piemonte alla ricerca di quello stile raffinato e mai troppo appariscente che è proprio di questa terra di aristocrazia e di nobiltà e delle grandi signore che l’hanno rappresentata. Una su tutte Marella Agnelli. Nella prossima stagione, proprio come ci hanno raccontato le sfilate della Fashion Week con una moda ad alto tasso di concretezza, gli abiti di Crida saranno il passe-partout per la vita quotidiana e per le occasioni più importanti, senza mai essere sopra le righe ma sempre con quel tocco femminile che li distingue e rende unica chi li indossa. 

Ora però è tempo di primavera e di abiti leggeri che finalmente sono arrivati nei migliori negozi d’Italia e ovviamente sul nostro sito on line. 

La collezione Spring-Summer Riviera parla di Emilia Romagna, di colori accesi, di ottimismo e voglia di estate. E racconta lo stile italiano di fare gli abiti, quel Made in Italy che noi fieramente rappresentiamo e che da questa stagione sbarca anche negli Stati Uniti, grazie ad un gigante del lusso come Neiman Marcus che ha creduto in noi. 

Voi che ci seguite fin dall’inizio della nostra avventura, potete capire quanta strada abbiamo fatto, quanta fatica c’è stata dietro ad ogni sorriso, ad ogni video che postiamo e quanto la nostra caparbietà, il nostro “lo voglio” ci abbia portato fino a qui. 

Vi aspettiamo tutte in Rinascente a partire dal 14 marzo con il pop-up degli abiti nuovi per festeggiare insieme questi traguardi ma anche per dire “lo voglio” davanti ad uno dei modelli della nostra collezione. Senza timore e senza dubbi: perché un Crida, ça va sans dire, è per sempre!

Lo sguardo di Tatjana Patitz nel video di Freedom (che noi boomer non possiamo non conoscere, grande successo del 1990 di George Michael) arriva a metà canzone ma ti inchioda: limpido eppure misterioso con gli occhi chiari e labbra carnose. Una dea dalla bellezza indecifrabile. Non era facile spiccare tra Linda Evangelista col caschetto biondo, Cindy Crawford nuda nella vasca da bagno, Naomi che danza sensualissima e Christy Turlington coperta solo da un lenzuolo. Ma lei c’è riuscita. Col suo fascino enigmatico e libero. 

A 56 anni Tatjana è anche la prima ad andarsene delle Big Five, le cinque splendide creature che hanno creato il mito delle top model. La notizia della sua morte prematura mi ha colpito e addolorato. E mi ha fatto riflettere su quegli Anni ’90 e su come sono cambiati da allora i concetti di bellezza e libertà. La foto scattata da Herb Ritts mentre le cinque supermodelle si abbracciano completamente nude è stata (e forse continua ad essere) il simbolo della bellezza allo stato puro, ma rappresenta anche il manifesto di un’epoca. Era la fine degli Anni Ottanta e l’inizio dei ‘90, e da quel momento la vita di queste modelle ventenni cambiava per sempre proiettandole nell’Olimpo della moda e trasformandole nelle donne più desiderabili del pianeta. 

Chi era effettivamente la più bella? Me lo sono chiesto spesso in quegli anni guardando e riguardando la foto cult di Vogue America in cui indossano solo una camicia bianca. Forse Cindy Crawford con il suo neo ben visibile che giustamente non ha mai voluto togliere o Naomi, dalla pelle di luna, ma dal fascino ancora grezzo?

La semplicità di Christy Turlington, quasi la ragazza della porta accanto o lo sguardo felino di Linda, che ti colpisce al cuore con i suoi occhi verde smeraldo? Per me la più bella era Tatjana, la tedesca, simbolo dello chic europeo. Un mix, tra Romy Schneider e Monica Vitti come la definì Anna Wintour, molto meno vistosa delle sue compagne, più misteriosa, adulta, irraggiungibile. Tanto che fu lei, assai prima delle altre, a lasciare passerelle e copertine, per dedicarsi a ciò che le stava più a cuore: la passione per la natura, il figlio, i suoi cani. È stata una donna bellissima ma soprattutto libera, icona indiscussa di un periodo, gli Anni ‘90, in cui forse eravamo tutti più liberi

Anche allora, come oggi, guardavamo le sfilate, andavamo al cinema, ascoltavamo musica e video ma tutti questi contenuti venivano metabolizzati senza dovere essere filtrati attraverso i social, senza gli attacchi sconsiderati degli haters, senza il politically correct della rete che rende ogni opinione oggetto di critiche feroci. Ognuno aveva le sue idee, i suoi gusti, le sue preferenze ma le esprimeva senza il terrore di doversi preoccupare di offendere qualcuno. Ogni espressione di creatività e di immagine era più libera. Il mondo analogico di allora aveva orizzonti più limitati ma era certamente più sano e facile di quello digitale di oggi che ti permette di raggiungere platee immense ma ti rende fragile e insicuro, bersaglio dei censori da tastiera. Sì perché oggi siamo ossessionati dall’immagine e dalla bellezza e anche se si fa un gran parlare del rispetto per ogni individualità, genere e idea, anche se in passerella sfilano modelle curvy e ragazze che non corrispondono ai canoni estetici tradizionali, in realtà ognuno ha una sua idea di bellezza e attraverso i social si permette di sindacare su quanto una persona sia in forma o fuori forma o troppo dimagrita e decisamente ingrassata. Da sua maestà Chiara Ferragni a Martina Colombari o da ultima Francesca Michielin: sono tutte donne belle, forti e di successo che hanno dovuto rispondere a chi le attaccava per le foto in lingerie, per i muscoli scolpiti o per i brufoli sul viso. Tatiana, Cindy, Christy, Naomi e Linda negli Anni ‘90 non hanno avuto questo problema, erano tutte amiche, erano bellissime e libere e sono diventate famose senza fare dirette Instagram, non hanno mai usato un filtro e hanno vissuto la loro fama planetaria in maniera meno controversa. 

Per noi oggi quella libertà (dai giudizi, dalle critiche o dalle adulazioni), Freedom, come cantavano in playback le Big Five nel 1990, ha un prezzo decisamente molto più alto.

Esattamente in questo periodo di tre anni fa – gennaio 2020 – io e Daniela iniziavamo a presentare in showroom la prima collezione Crida. In realtà più che una collezione era una capsule di dieci abiti che nasceva con un progetto ben preciso: solo abiti, solo tessuti naturali e sostenibili, solo manifattura italiana. Non è stata una partenza facile, nonostante l’idea fosse vincente. C’è stata la pandemia, il lockdown, ci sono state le disdette e i mille dubbi che ci assalivano.

Andare avanti o mollare tutto? Siamo andate avanti, anche grazie a voi che in quel terribile 2020 avete comprato i nostri abiti di seta online e ci avete dato fiducia. Così oggi, tre anni dopo, io e Daniela siamo pronte a consegnare i nuovi modelli della primavera-estate 2023 in 50 negozi in Italia e a sbarcare nel mercato americano grazie a Neiman Marcus.

Per noi è una grandissima soddisfazione, ma anche un lavoro che diventa sempre più grande. Bisogna seguire la produzione e la consegna degli ordini fatti dalle boutique, e nelle prossime settimane portare in showroom il nuovissimo campionario del prossimo inverno. 80 capi circa, tra i quali troverete alcuni nostri classici e tante novità che rappresentano la nostra visione dello stile invernale per una donna raffinata, consapevole, elegante e italiana. 

Ci prepariamo ad un’altra stagione impegnativa di lavoro. Ci vedete correre ogni giorno per riuscire a fare tutto, ci piace raccontare cosa c’è dietro un abito, per giustificarne il valore ma anche per trasmettere il messaggio che la forza delle donne, l’amicizia e la determinazione riescono a fare grandi cose. Il Fashion business non è solo glamour, party e paillettes: è fatica, creatività, impegno e passione. E per noi anche amore per l’Italia che non è solo il nostro paese ma è la patria dell’eleganza e dello stile. 

Quindi amiche e amici che ci seguite sui social, che ci scrivete, che amate Crida e quello che rappresenta, vogliamo farvi l’augurio più semplice, vero e sincero per questo 2023 appena iniziato. Che sia un anno semplicemente… normale.

A renderlo speciale dobbiamo pensarci noi con i nostri sogni e con la nostra capacità di realizzarli! Buon lavoro e buona vita.

Cristina e Daniela 

Dicembre per chi fa moda è un mese complicato. Bisogna avere avviato il processo di produzione della collezione estiva che i negozi riceveranno in primavera, ma è fondamentale anche essere a buon punto con il nuovo campionario, quello dell’autunno-inverno 23 che a febbraio verrà presentato. Creare moda è un viaggio continuo che difficilmente ha una pausa tra la partenza e l’arrivo. Ma l’idea del viaggio mi è sempre piaciuta, fin da ragazza, quando i miei genitori mi portavano insieme a mio fratello Roberto e mia sorella Benedetta a visitare l’Europa, o quando verso i 20 anni ho iniziato a viaggiare per il mondo. E non ho più smesso. 

Il viaggio vuol dire non solo chilometri e avventura ma anche e soprattutto curiosità, conoscenza, cambiamento, voglia di imparare e misurarsi con sé stessi. 

Da quasi tre anni il mio viaggio più entusiasmante è quello che ho iniziato con Daniela, la mia amica e socia meravigliosa: un’esperienza che ha cambiato la mia vita perché è un percorso che viviamo ogni giorno insieme, fissando obiettivi da raggiungere, sfide sempre più difficili da affrontare con impegno e passione. In tutti questi mesi ho cercato di raccontarvi questo viaggio nel modo più semplice e onesto, attraverso i social e gli editoriali che trovate sul sito, per condividere con voi la nostra scelta. Volevo farvi capire cosa significa creare un’impresa e rendervi partecipi della grande fatica ma anche delle piccole soddisfazioni che abbiamo vissuto, facendo crescere il nostro progetto come un figlio, senza deviare mai dall’idea che ci eravamo prefissate: creare abiti eleganti, italiani, di qualità altissima. 

Io e Daniela, lo avrete visto, non stiamo mai ferme, facciamo tante cose ma le facciamo sempre col sorriso. È la vita che abbiamo scelto e Crida è il viaggio che abbiamo deciso di intraprendere insieme. 

Ecco perché per farvi gli auguri di Natale quest’anno abbiamo scelto una location che ha il sapore affascinante di una stazione ferroviaria: un luogo fantastico che ha ricreato in ogni dettaglio l’atmosfera di un viaggio altri tempi, quando sul treno ci si vestiva eleganti, si portavano montagne di bagagli, ci si cambiava per cena e si dormiva nel vagone letto. Mai come in questo periodo si sente la voglia di partire: per andare in montagna a sciare, per fare un viaggio in qualche bella città o anche solo per trascorrere le feste con amici e parenti che abitano lontano. L’entusiasmo della partenza e l’emozione degli arrivi, gli abbracci, i pacchi regali preparati con amore, la gioia di stare insieme. 

Dopo gli anni difficili in cui è stato impossibile viaggiare e condividere tante esperienze vogliamo augurare a tutti di riprendere il proprio cammino, di non fermarsi di fronte alle difficoltà e di provare a raggiungere le mete, gli obiettivi e i sogni che magari erano rimasti fermi in un cassetto. Il viaggio di Crida, lo sapete, era iniziato decisamente in salita proprio durante lo scoppio della pandemia, ma noi abbiamo tenuto duro, siamo cresciute a piccoli passi, siamo entrate nei negozi più belli d’Italia e la prossima stagione useremo non il treno ma l’aereo per spedire i nostri abiti anche negli Stati Uniti, un traguardo che fino a poco tempo fa sembrava impensabile. Ecco perché il nostro video di Natale parla di un viaggio, di una famiglia e di un sogno, Crida, che è diventato realtà. 

Grazie a Vincenzo D’Ascanio che ci ha accolte nella sua meravigliosa stazione ferroviaria, in un mondo fatto di luci, fiori e oggetti speciali. 

Se passate da via della Spiga a Milano vi consiglio di entrare e prendervi un caffè…

Grazie a tutti voi che ci avete seguito, sostenuto, comprato e incoraggiato. 

Buon viaggio, buona vita e buon Natale. 

Cristina e Daniela

Dobbiamo correre ragazze e non perdere nessuna occasione. Questo è il tempo delle donne

Gli uomini forse detengono ancora il denaro e il potere ma le donne hanno finalmente preso la parola, scalato le posizioni sociali, urlato i loro diritti e soprattutto scoperto una consapevolezza nuova: quella di poter trasformare con una diversa cultura la vita e le attitudini di tutti. Anche degli uomini. 

I segnali di questa rivoluzione sono tantissimi, primo fra tutti l’aumento di iscrizioni femminili alle università e di laureate che escono con voti più alti della media maschile, e poi la crescita importante delle donne che creano impresa. È come se lentamente un’onda di consapevolezza e di coraggio avesse contaminato non solo l’Italia ma tutto il mondo. Partiamo dal nostro Paese dove è finalmente arrivata la prima premier donna, per di più giovane e decisa. Giorgia Meloni, classe 1977, nel giro di poche settimane ha dimostrato di avere le idee molto chiare e di non di non provare nessun timore reverenziale nei confronti dei cosiddetti grandi della Terra. Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana e sono cristiana, è stato il suo biglietto da visita per farsi eleggere a pieni voti. Con questa premessa la sfida sarà quella di riuscire a rappresentare e difendere i diritti di tutte le donne, anche quelle che non si riconoscono in questa dichiarazione. 

Le sue omologhe in Europa sono tante e di diversi colori politici: a parte la breve meteora di Liz Truss già sparita da Downing Street, c’è una premier donna in Francia, Elisabeth Borne e Nicola Sturgeon in Scozia, in carica dal 2014. E ancora Ana Brnabić dal 2017 è la Prima Ministra della Serbia, Katrin Jakobsdottir quella dell’Islanda. L’Estonia è guidata dal gennaio 2021 da Kaja Kallas, così come la Lituania con Ingrida Simonyte, la Danimarca ha al suo vertice la giovanissima Mette Frederiksen, cosi come in Finlandia Sanna Marin è stata la leader di governo più giovane del mondo, assumendo l’incarico nel 2019 a 34 anni. Potremmo già quasi essere soddisfatte ma non dimentichiamoci che l’Europa stessa in questo momento è guidata nelle sue più alte cariche istituzionali da tre donne: Ursula Von Der Leyen, Christine Lagarde e l’Italiana Roberta Metzola muovono i fili della Commissione Europea, della Banca Centrale e del Parlamento. Da loro, che siedono su poltrone importanti con ruoli decisionali ci aspettiamo saggezza, intraprendenza e coraggio per traghettarci fuori da questa crisi, ma anche per ribadire che “le donne lo fanno meglio” cioè sono in grado di gestire il potere meglio degli uomini. E non hanno più paura. Lo si vede in Iran, dove in un regime autocrazia machista, le ragazze scendono in piazza rischiando la vita per chiedere libertà e diritti, primo fra tutti quello di poter scegliere se indossare l’hijab. Tre ragazze sono state uccise dalla polizia morale della repubblica islamica, Mahsa Amini, che non indossava correttamente il velo, Hadis Najafi per aver diffuso un video in cui mostrava i suoi capelli biondi, e ancora Nika Shakarami. Ma queste brutali aggressioni sono diventate il detonatore di una ribellione globale che altre ragazze combattono per loro in Europa e in Occidente, tagliandosi ciocche di capelli, urlando la loro rabbia verso l’ingiustizia. 

La prossima rivoluzione sarà una rivoluzione di donne, dicono in Iran, e forse questo momento è già arrivato. E cambierà il mondo se le donne riusciranno a rimanere unite, forti e coraggiose. I segnali già ci sono. 

Non ho parlato di Crida in questo editoriale ma è chiaro che ognuno di noi nel lavoro che fa o nella vita che ha scelto può decidere di prendere parte a questo movimento di ribellione. Io e Daniela lo facciamo ogni giorno stando sempre dalla parte delle donne. Le donne che sognano, vivono, amano, si impegnano e lottano per un mondo più equo e più giusto. Le donne brave e determinate che raggiungono obiettivi non grazie alle quote rosa ma al loro talento.

Le donne che sono sempre di corsa. Con i piedi ben piantati per terra e lo sguardo dritto nel futuro. Avanti tutta!